In questa pagina si affronterà un particolare amplificatore, disponibile come circuito integrato che, per le
sue caratteristiche quasi ideali, si è distinto nelle applicazioni dell'elettronica analogica inerenti il condizionamento dei
segnali (cioè la necessità di
amplificare e traslare un segnale
per adattarlo ai range accettati in ingresso dal componente a valle).
Tale amplificatore è detto amplificatore operazionale poiché ha consentito di effettuare operazioni
matematiche (non solo somma, differenza ma anche logaritmi, prodotti e calcoli integro-differenziali come quelli implicati
nei sistemi dinamici) ben prima dell'avvento dei moderni calcolatori digitali.
I primi amplificatori operazionali vennero realizzati con valvole e tubi a vuoto a partire dagli anni '40 del XX secolo. Ma fu con l'avvento dei circuiti integrati,
ed in particolare con il μA741 che trovarono un ampia applicazione al punto da diventare un elemento imprescindibile di ogni circuito elettronico.
In Figura 1A è rappresentato il simbolo circuitale di un generico operazionale in Figura 1B viene mostrata una foto e Figura 1C il pin-out del μA741.
Un amplificatore operazionale, dal punto di vista funzionale, è un dispositivo costituito da due terminali di ingresso, uno invertente e l'altro non invertente, e uno di uscita che porta la differenza
delle tensioni agli ingressi moltiplicata per un guadagno.
Sostanzialmente tale amplificatore è un amplificatore differenziale supposto ideale (il guadagno di modo comune risulta nullo, resistenza di ingresso elevata
e bassa resistenza di uscita). Un amplificatore operazionale ideale ha quindi:
Gli amplificatori operazionali reali (tipo μA741 o LF157) hanno valori dei parametri diversi da quelli ideali per cui proponiamo la seguente tabella:
parametro | Ideale | μA741 | LF157 |
---|---|---|---|
Avd | infinito | 2x105 | 2x105 |
Rin | infinita | 2 MΩ | 1012 Ω |
Ru | nulla | 75 Ω | 0,1-10 Ω |
Banda passante | infinita | 1 MHz | 20 MHz |
Un amplificatore operazionale nella sua configurazione "stand alone" detta più propriamente ad "anello aperto" è rappresentato in Figura 3A mentre in Figura 3B
viene vista la "transcaratteristica". Quest'ultima, a causa del guadagno elevato, presenta sulle ascisse μV e sulle ordinate i volt:
infatti, se in ingresso abbiamo tensioni differenziali dell'ordine di grandezza del μV, in uscita otteniamo dei Volt.
Sulla caratteristica ingresso uscita sono
presenti due zone: la regione lineare (che sarà oggetto di questa pagina) e la zona detta saturazione in cui l'AMPOP mette in uscita il "massimo" o "il minimo" che
può fornire: cioè la tensione di saturazione Vsat (tipicamente, in valore assoluto 2 V più piccola della tensione di alimentazione Vcc a meno che non
si dispongano di operazionali "rail to rail" in grado di far raggiungere all'uscita ±Vcc). Il valore assoluto dell'ingresso per cui l'amplificatore
va in saturazione viene detto valore di soglia VD
Se ad esempio:
±Vcc= ±10 V
±Vsat = ±10 ∓2 = ±8 V
VD = ±VsatAvd= ±8 V106=±8 μ V.
Si può affermare che quindi (solo) nella zona lineare che il potenziale dell'ingresso non invertente sia pari al potenziale del morsetto invertente essendo la loro
differenza nell'ordine dei μV mentre in uscita abbiamo dei V a causa dell'elevato guadagno.
Possiamo inoltre affermare, essendo la resistenza di ingresso molto elevata e teoricamente infinita, che l'amplificatore assorba una iin nulla.
Le due condizioni (tensione dell'ingresso positivo uguale a quella dell'ingresso negativo e corrente di ingresso nulla) creano una sorta di corto circuito virtuale o brevemente "CCV"
tra i due ingressi, invertente e non invertente, dell'AMPOP: ossia
una condizione in cui i due ingressi, pur non assorbendo corrente poichè tra di essi c'è una resistenza infinita, si trovano allo stesso potenziale.
La configurazione ad anello aperto dell'operazionale, essendo la zona lineare strettisima
dell'ordine dei μV, ha l'unica funzione di "comparatore" tra i due ingressi: se la tensione sull'ingresso invertente è superiore di quella all'ingresso non invertente
di una quantità VD (dell'ordine di grandezza del μV)
l'uscita raggiunge la -Vsat, viceversa se la tensione sull'ingresso non invertente è superiore di quella all'ingresso
invertente di una quantità VD l'uscita raggiunge +Vsat.
Se l'amplificatore di guadagno G viene reazionato negativamente attraverso un quadripolo di reazione di guadagno H come mostrato in Figura 4 il guadagno si riduce e diviene:
Af = G1+GH
Facendo tendere all'infinito il valore di G, come per il caso dell'amplificatore operazionale, il guadagno diviene:
Af ≈ 1H.
Da questa osservazione possiamo desumere che il guadagno dell'amplificatore reazionato che in catena diretta ha un guadagno elevato (anche non esattamente noto) risulta pari
al reciproco del guadagno della catena inversa che può essere noto con maggiore precisione trattandosi ad esempio di un partitore di tensione.
Si sottolinea che la rete deve dar luogo a una retroazione negativa affinchè ci sia una stabilizzazione del guadagno. Gli operazionali in retroazione positiva
trovano invece largo uso laddove si vuole creare un sistema per sua natura instabile come avviene per gli oscillatori (generatori di onde sinusoidali).
Per ottenere un amplificatore invertente a partire da un amplificatore operazionale si ricorre allo schema elettrico di Figura 5A.
Con le ipotesi di resistenza di ingresso dell'AMPOP infinita e di "corto circuito virtuale" come mostrato
in Figura 5B (si deve verificare che l'amplificatore non saturi e lavori
nella zona lineare ovvero l'uscita sia sempre
compresa tra la -Vsat e Vsat )
si può scirvere la seguente equazione di maglia:
vs - vsR1 = 0
quindi
i1= vsR1
.
Partendo dall'ingresso e arrivando all'uscita
vs-R1i1-R2i2-vu=0
ipotizzando che l'AMPOP non assorba corrente (resistenza di ingresso infinita):
i1= i2=i=vsR1
vs-R1vsR1 -R2vsR1 -vu=0
da cui:
vu=-R2vsR1
quindi per la definizione di guadagno:
Af = vuvs=-R2R1
il guadagno risulta negativo: la tensione in ingresso è in opposizione di fase rispetto alla tensione di uscita come mostrato in Figura 6.
La resistenza di ingresso nella configurazione invertente Rin (da non confondere con la resistenza di ingresso rin dell'AMPOP ipotizzata infinita) risulta dal rapporto tra
vs e la corrente i1 da cui si ottiene facilmente:
Rin = R1
Per la resistenza di uscita Ru dell'amplificatore invertente (da non confondere con la resistenza di uscita ru dell'AMPOP) facciamo riferimento all'immagine
di Figura 7 ponendo (come da definizione
di resistenza di uscita) vS=0.
La resistenza di uscita Ru è il rapporto tra una tensione in uscita e la corrente erogata all'uscita: per fare questo alimentiamo con vu l'uscita e vediamo
quanta corrente i'u circola in uscita:
Si calcola la vin in funzione della vu ipotizzando rin infinita:
vin =R1vuR1+R2
il generatore comandato interno all'operazionale genera una tensione pari a Avdvin
ed eroga quindi una corrente iu
iu=vu+Avdvinru=vu+AvdR1vu(R1+R2)ru≈AvdR1vuru(R1+R2)
mentre la corrente "i" diretta verso l'ingresso vale:
i=vuR1+R2
la corrente totale in uscita vale:
i'u=i+iu=vuR1+R2+AvdR1vuru(R1+R2)≈AvdR1vuru(R1+R2)
la resistenza di uscita Ru dell'amplificatore invertente risulta quindi:
Ru=vui'u=ru(R1+R2)AvdR1
Dato il grande valore di Avd la resistenza di uscita Ru dell'amplificatore invertente risulta ancora più bassa della già piccola resistenza di uscita ru dell'AMPOP non retroazionato.
In definitiva supponendo Avd infinito, ru nullo e rin infinito:
Per ottenere un amplificatore non invertente a partire da un amplificatore operazionale si ricorre allo schema elettrico di Figura 8A.
Con le ipotesi di resistenza di ingresso dell'AMPOP infinita e di "corto circuito virtuale" come mostrato
in Figura 8B (si deve verificare che l'amplificatore non saturi e lavori
nella zona lineare ovvero l'uscita sia sempre
compresa tra la -Vsat e Vsat )
si può scrivere la seguente equazione di maglia:
vs - R1i1 = 0
quindi
i1 = vsR1
.
ipotizzando che l'AMPOP non assorba corrente (resistenza di ingresso infinita):
i1= i2=i=vsR1
Prendendo, infine, la maglia comprendente R1, R2 e vu risulta immediato che:
vu=iR1+iR2= vsR1(R1+R2)
dalla definizione di guadagno:
Af = vuvs=1+R2R1
il guadagno dell'amplificatore non invertente risulta, ovviamente, positivo e maggiore di 1 come mostrato in Figura 9.
Rin=vsiin
iin=-vinrin
Trascurando ru rispetto a tutte le altre resistenze in gioco si ottiene la seguente equazione (la somma in ingresso tra vs vin è uguagliata al partitore tra R1 ed R2
della tensione in uscita dall'operazionale)
vs+vin=-AvdvinR1R1+R2
da cui si ottiene
vin=-(R1+R2)vsR1+R2+AvdR1
quindi iin risulta pari a:
iin=-vinrin=-(R1+R2)vsrin(R1+R2+AvdR1)
quindi la Rin:
Rin=vsiin=
(R1+R2+AvdR1)rinR1+R2=(1+AvdAf)rin
La resistenza di ingresso di un amplificatore non invertente risulta aumentata rispetto alla già alta resistenza di ingresso di un amplificatore
operazionale.
La resistenza di uscita Ru è il rapporto tra una tensione in uscita e la corrente erogata all'uscita: per fare questo alimentiamo con vu l'uscita e vediamo
quanta corrente i'u circola in uscita:
Si calcola la vin in funzione della vu ipotizzando rin infinita:
vin =R1vuR1+R2
il generatore comandato interno all'operazionale genera una tensione pari a Avdvin
ed eroga quindi una corrente iu
iu=vu+Avdvinru=vu+AvdR1vu(R1+R2)ru≈AvdR1vuru(R1+R2)
mentre la corrente diretta verso l'ingresso vale:
i=vuR1+R2
la corrente totale in uscita vale:
i'u=i+iu=vuR1+R2+AvdR1vuru(R1+R2)≈AvdR1vuru(R1+R2)
la resistenza di uscita Ru dell'amplificatore non invertente risulta quindi:
Ru=vui'u=ru(R1+R2)AvdR1=ruAfAvd
Per riassumere nella configurazione non invertente:
Prendendo lo schema dell'amplificatore non invertente di Figura 8A si vuole realizzare uno schema circuitale che realizzi una
resistenza di ingresso "infinita" (come proprio per l'amplificatore non invertente) e anche un guadagno unitario. Ricordando
che la formula del guadagno è:
Af = vuvs=1+R2R1
affinchè questo sia unitario si deve fare in modo che R2 tenda a zero (corto circuito) e, contestualente R1
tenda all'infinito (circuito aperto): dal circuito di Figura 12A si ottiene dunque quello di Figura 12B.
Grazie al guadagno unitario si ottiene (dalla formula dell'effettiva resistenza di ingresso e di uscita dell'amplificatore non invertente)
la massima resistenza di ingresso e la minima resistenza di uscita.
Queste proprietà rendono possibile l'uso del buffer di tensione come "adattatore di impedenza" per fornire la massima tensione al carico
con la minima caduta di tensione sulla linea (in pratica rigenera la tensione letta al suo ingresso sul carico annullando così gli effetti
della caduta di tensione grazie al fatto che non passa corrente). Questo concetto è illustrato in Figura 13.
Il sommatore invertente è rappresentato in Figura 14A mentre in Figura 14B è spiegato il funzionamento mediante il principio di sovrapposizione degli effetti: facendo agire una sola tensione di ingresso alla volta, le altre tensioni vengono messe a "massa".
Le resistenze R2 ed R3 di Figura 14B non sono percorse da corrente poichè un capo è messo a
a massa e l'altro capo viene posto a massa mediante il corto circuito virtuale. R2 ed R3 sono
ininfluenti poichè su di loro non circola corrente e possono essere "cancellate".
La tensione di uscita v'u (l'apice dipende dal fatto che agisce solo v1)
dipende solo da v1 ed R1 e risulta quindi (come per un normale amplificatore invertente):
v'u=-RR1 v1
applicando lo stesso principio "accendendo" v2 e spegnendo v1 e v3:
v''u=-RR2 v2
applicando lo stesso principio "accendendo" v3 e spegnendo v1 e v2:
v'''u=-RR3 v3
La tensione totale di uscita sarà quindi somma (principio di sovrapposizione degli effetti delle tre tensioni prima calcolate per cui:
vu=v'u+v''u+v'''u=-RR1 v1+-RR2 v2+-RR3 v3
nel caso particolare in cui
R=R1=R2=R3
vu=-v1-v2-v3
Il sommatore non invertente è rappresentato in Figura 15. La tensione vin può essere calcolata mediante il principio di sovrapposizione degli effetti o più rapidamente con il teorema di Millman che riportiamo brevemente adattato al circuito in esame: la tensione ai capi di una rete binodale (in questo caso il morsetto + e la massa) è data dalla media pesata delle tensioni dei generatori sui rami rispetto alle conduttanze (il reciproco delle resistenze) in serie con le tensioni.
dati:
G1=1/R1 G2=1/R2 G3=1/R3
vin= G1v1+G2v2+G3v3G1+G2+G3
ipotizzando tutte le resistenze (e quindi le conduttanze) uguali:
R1=R2=R3
vin=v1+v2+v33
se si avessero non solo 3 resistenze ma "n" la vin diviene:
vin=v1+v2+v3+...+vnn
Ora è possibile calcolare la tensione di uscita mediante la formula dell'amplificatore non invertente:
vu=(1+RRA)v1+v2+v3+...+vnn
Anche in questo caso si dimostra che la tensione di uscita è funzione della somma delle tensioni in ingresso.
L'amplificatore differenziale ha due ingressi: uno detto invertente, in cui entra una
tensione che chiamiamo v+, e uno detto ingresso non invertente pilotato da una tensione
che chiamiamo v-.
A loro volta chiamiamo tensione differenziale vd la differenza di tensione tra i detti ingressi:
vd=v+-v-
e tensione di modo comune vcm la tensione media tra i suoi ingressi:
vcm=v++v-2
per trovare la vu di uscita procediamo per sovrapposizione degli effetti supponendo che in generale i guadagni
di tensione per l'ingresso invertente A- e non invertente A+ possano essere differenti tra loro:
vu=A+v+-A-v-
inoltre dalle definizioni di tensione differenziale e di modo comune risulta immediato:
v+=vcm+0,5vd
v-=vcm-0,5vd
per cui
vu=A+(vcm+0,5vd)-A-(vcm-0,5vd)
raccogliendo vcm e vd
vu=(A+-A-)vcm+0,5(A++A-)vd
definiamo inoltre il guadagno differenziale Ad e il guadagno di modo comune Acm
Ad=0,5(A++A-)
Acm=A+-A-
quindi l'uscita vu è pari a
vu=(A+-A-)vcm+0,5(A++A-)vd=Acmvcm+Advd
Un buon amplificatore differenziale deve amplificare solo la differenza di tensione tra i suoi ingressi quindi
Acm≈0
Si definisce common mode rejection ratio (rapporto di reiezione di modo comune) CMRR
CMRR=AdAcm
In un buon amplificare differenziale il CMRR deve essere il più elevato possibile.
Prendiamo il circuito di Figura 17A e applichiamo il principio di sovrapposizione degli effetti prima con v1 Figura 17B e poi con v2 Figura 17C.
Spegnendo v2 e accendendo v1 si ricava una tensione di uscita data da un amplificatore non invertente
con in ingresso una vin pari a:
v'in=R2v1R1+R2
quindi la tensione di uscita vu' vale:
vu'=(1+R2R1)R2v1R1+R2=R2R1v1
Spegnendo v1 e accendendo v2 si ricava una tensione di uscita data da un amplificatore invertente
con in ingresso una pari proprio a v2 mentre le resistenze collegate al morsetto non invertente non vengono
percorse da nessuna corrente (l'operazionale ideale ai morsetti non assorbe corrente) e quindi si può considerare il morsetto
non invertente collegate direttamente a massa. La tensione di uscita vale dunque:
vu''=-R2R1v2
Facendo agire i due ingressi contemporaneamente:
vu=vu'+vu''=R2R1(v1-v2)
il guadagno di modo differenziale risulta pari a:
Ad=R2R1
mentre il guadagno di modo comune risulta nullo con quindi un CMRR:
CMRR → ∞
Si può dimostrare che quello che importa per ottenere un amplificatore differenziale generico come in Figura 18 sia che
R1R4=R2R3
Se viene realizzata la suddetta uguaglianza l'amplificatore differenziale tenderà ad essere ideale... tanto più si è lontani dall'uguaglianza
tanto più si avranno anche guadagni di modo comune diversi da zero e quindi indesiderati.
Il principale difetto di questo circuito è che le due resistenze di ingresso (una per v1 e l'altra per v2)
non sono uguali e i due canali vengono così "caricati" in modo differente. Infatti il canale non invertente vede una resistenza di ingresso
pari a:
Rin+=R3+R4
mentre il canale invertente vede una resistenza di ingresso pari a:
Rin-= R1+R3//R4
Per ovviare a questi problemi si ricorre all'amplificatore di strumentazione che viene descritto di seguito.
Inoltre per cambiare il guadagno del differenziale occorre agire su almeno 2 resistori rendendo così difficile la modifica.
Per realizzare un amplificatore differenziale che consenta di cambiare il guadagno agendo su una sola resistenza, e offra la stessa
resistenza di ingresso (tendente all'infinito) sia per il canale non invertente sia per quello invertente si ricorre al circuito di Figura 19 detto
Amplificatore da strumentazione per il suo largo utilizzo nella strumentazione elettronica.
Per i requisiti di precisione e di stabilità del guadagno il circuito viene realizzato sotto forma di circuito integrato ciò consente che tutti i componenti,
tra cui le resistenze integrate, siano sottoposte alle stesse derive termiche. Commercialmente esistono, ad esempio, i circuito INA-101 e INA-110 della Burr-Brown che presentano
resistenze di ingresso da 10 GΩ e un valore delle resistenze interne tutte da 10 kΩ (20 kΩ dove compare 2R) realizzate con taratura "laser trimming" affichè i
loro valori siano il più simile possibile per massimizzare il CMRR. La resistenza RG è esterna al circuito integrato (nell'INA-101)
o si può scegliere in un set di resistenze integrate (nell'INA-110), come
sarà dimostrato in seguito, per ottenere il guadagno desiderato.
I segnali v1 e v2 sono applicati direttamente agli ingressi non invertenti degli operazionali A2 e A1 da questo ne consegue che vedono una resistenza di
ingresso uguale (ingresso bilanciato) e teoricamente infinita.
Mentre lo stadio finale A3 è un normale amplificatore differenziale già spiegato nelle sezioni precedenti con guadagno pari a 1 (tutte le resistenze sono uguali!), per
capirne il funzionamento globale si deve quindi analizzare il comportamente dei due amplificatori A1 ed A2 in ingresso mediante il principio di sovrapposizione degli effetti.
Spegnendo v2 (mettendolo a massa) e facendo agire come ingresso il solo v1 come mostrato in Figura 20. La tensione nel punto C è data
dalla seguente (trattasi infatti di una semplice configurazione non invertente):
v'C=(1+2RRG)v1
mentre la tensione nel punto D vale (essendo la tensione v1 agente, a causa del corto circuito virtuale di A2, direttamente su RG come nella
configurazione invertente).
v'D=-2RRGv1
Spegnendo v1 (mettendolo a massa) e facendo agire come ingresso il solo v2 come mostrato in Figura 21. La tensione nel punto D è data
dalla seguente (trattasi infatti di una semplice configurazione non invertente):
v''D=(1+2RRG)v2
mentre la tensione nel punto C vale (essendo la tensione v2 agente, a causa del corto circuito virtuale di A1, direttamente su RG come nella
configurazione invertente).
v''C=-2RRGv2
Quindi si possono ora sommare gli effetti e ottenere le tensioni nei punti C e D:
vC=v'C+v''C=-2RRGv1+(1+2RRG)v2
vD=v'D+v''D=-2RRGv2+(1+2RRG)v1
Queste tensioni vanno in ingresso allo stadio differenziale rappresentsto da A3 (di guadagno pari a 1 poichè, come già detto, tutte
le sue resistenze sono uguali) dando luogo a una tensione di uscita pari a:
vu=vD-vC=-2RRGv2+(1+2RRG)v1+2RRGv1-(1+2RRG)v2=(1+4RRG)(v1-v2)
da cui si evince un guadagno differenziale paria a:
Ad=(1+4RRG)
che, fissando R (è integrata nel circuito) dipende solo dalla resistenza esterna RG che può essere modificata quindi a piacere.
NB: l'integrato INA-110 ingloba già alcune resistenze di precisione RG per realizzare in modo preciso alcuni guadagni.
Questa applicazione dell'operazionale serve, ad esempio, per trasformare l'uscita in corrente di un trasduttore in un segnale di tensione ad essa proporzionale.
Un trasduttore che genera una corrente proporzioanale alla temperatura è, ad esempio,
AD590 il quale a 0 °C produce una corrente di 273 μA.
Lo schema circuitale del convertitore è
mostrato in Figura 23.
La corrente generata dal sensore va in ingresso al nodo A (mentre la resistenza interna
del generatore del sensore non viene percorsa da corrente
poichè sottoposta, a causa del corto circuito virtuale, a 0V di differenza di potenziale). Tuttavia, a causa della resistenza di ingresso infinita dell'operazionale
transita tutta sulla resistenza R. Per la legge di Ohm e grazie al corto circuito virtuale (che pone a massa il morsetto invertente dell'operazionale:
v=-Ri
Scegliendo opportunamente il valore di R si ottiene dunque una tensione a partire da una corrente. La presenza dell'operazionale scongiura gli effetti di carico che
si possono avere a causa degli stadi a valle.
Affinchè l'operazionale funzioni sempre nella "zona lineare", il valore di R deve tenere conto che alla massima corrente di uscita del trasduttore
(a cui si deve sommare la massima corrente assorbita a valle) la tensione di uscita
dal convertitore deve essere minore della tensione di saturazione.
Altre volte, oltre a convertire una corrente in una tensione proporziale ad essa, è necessario inserire un "offset": ad esempio se a 0 mA non dovessero corrispondere 0V
ma un'altro valore. In questo caso si ricorre alla configurazione di Figura 24 che "ingloba" anche un sommatore invertente.
Se, ad esempio, si vuole condizionare un AD590 in modo che il trasduttore ottenuto a 0 °C fornisca 0V (anzichè i 273 μA dell'AD590)
e abbia una sensibilità di -0,1V/°C
(mentre la sensibilità dell'AD590 è di 1μA/°C) alimentandolo
con ±Vcc=±10V la resistenza R deve essere ricavata in modo che:
-0,1V=-R 1μA (infatti a ogni grado corrisponde 1 μA)
R=100 kΩ
mentre per avere 0V a 0°C occorre che si annulli la corrente su R a 0°C per cui:
-VCCR1+273μA=0
R1=VCC273μA=43KΩ
Questo convertitore fornisce in uscita una corrente proporzionale alla tensione in ingresso. Il carico può essere riferito a massa o essere "fuori massa".
Questo tipo di conversione è necessario nei casi in cui:
Questo tipo di convertitore (illustrato in Figura 25) può avere un ingresso riferito a massa (vs collegato e il punto C messo a massa) o differenziale (punto C scollegato da massa e collegato a v2).
Analizziamo il caso di ingresso riferito a massa: la tensione nel punto A coincide a quella nel punto B (vB) a causa del
corto circuito virtuale. La corrente sul carico RL
vale per l'equazione di Kirchhoff al nodo B:
iL=i1+i2
iL= vs-vBR1+vu-vBR2=
vsR1-vBR1+vuR2-vBR2
ricordando che vB=vA nell'ipotesi di corto circuito virtuale e che vA vale (partitore della tensione di uscita e nell'ipotesi che
gli ingressi dell'operazionale non assorbano corrente):
vB=vA=R1vuR1+R2
sostituendo vB nell'equazione al nodo B:
iL= vsR1-vBR1+vuR2-vBR2=
vsR1-R1vuR1(R1+R2)+vuR2-R1vuR2(R1+R2)
Risolvendo l'ultima espressione risulta che:
iL= vsR1
da cui si evince che la corrente sul carico riferito a massa iL è indipendente da RL e dipende solo dalla tensione di ingresso vs e da R1.
In caso fosse inserita una tensione v2 (ad esempio si abbia una tensione differenziale vs-v2 è dimostrabile che la corrente sul carico diventi:
iL= vs-v2R1
Come tutti gli altri circuiti presentati in questa sezione delle applicazioni lineari dell'amplificatore operazionale tutto funziona fintantoché l'amplificatore non saturi: a tale
fine la tensione di uscita vu non dovrà mai superare la tensione di saturazione Vsat (1 o 2 Volt più bassa in valore assoluto delle tensioni duali di alimentazione).
Per la tensione vB l'amplificatore in esame è non invertente:
|vu|=(1+R2R1)|vB| ≤ Vsat
Risolvendola risulta che:
-R1VsatR1+R2
≤ vB ≤
R1VsatR1+R2
ricordando che:
vB=RLiL=RLvsR1
risulta che RL non deve essere eccessivamente grande e R1 non deve essere troppo piccola affinché l'amplificatore non saturi.
A differenza del precedente convertitore, questo ha un carico non riferito a massa e può essere realizzato come in Figura 26A o in Figura 26B
In Figura 26A si nota che la corrente sul carico
RL è la stessa che circola su R1 perchè i morsetti di ingresso dell'operazionale non assorbono corrente. A sua volta la corrente su R1
è data dalla differenza di tensione tra vs al nodo A e la tensione al nodo B... ma quest'ultima a causa del corto circuito virtuale con il punto C vale 0V.
La corrente iL vale dunque:
iL = i1 = vsR1.
Si ottiene quindi una corrente di uscita sul carico RL che è proporzionale alla tensione di ingresso, dipende da R1 ed è indipendente da RL.
Il tutto funziona a patto che la tensione di uscita dell'operazionale non saturi:
RL|iL| ≤ Vsat.
Nella configurazione alternativa di Figura 26B la tensione al nodo B (vs) è la stessa del nodo A (corto circuito virtuale), a sua volta, poichè R2 non essendo percorsa
da corrente a causa del fatto che è collegata direttamente all'ingresso invertente dell'operazionale, la tensione del nodo A si riflette sul nodo C.
Di conseguenza la corrente su R1 vale:
i1 = vCR1 = vsR1
Essendo i2 = 0 la corrente sul carico RL è pari a i1:
iL = i1 = vsR1.
Il tutto funziona finché l'amplificatore non saturi:
(RL+R1)|iL| ≤ Vsat.
In Figura 27 è presentato lo schema elettrico di un amplificatore di corrente.
La resistenza interna (parallelo) al generatore reale di corrente non viene percorso da nessuna corrente poichè ha un capo messo a massa e l'altro capo A che è
virtualmente a massa con B (una resistenza su cui non c'è differenza di potenziale non è percorsa da corrente). La corrente del generatore si dirige tutta verso R2
e determina una caduta:
v1=R2i
La tensione del nodo C è proprio -v1 e la corrente in R1 risulta quindi:
i1=0-vCR1=R2iR1.
Sviluppando l'equazione al nodo C risulta che:
iL=i+i1=i+R2iR1=(1+R2R1)i
La corrente in ingresso risulta dunque amplificata di un fattore:
Ai=1+R2R1.
Anche in questo caso l'amplificatore non deve saturare e quindi ci deve essere un limite alla corrente da amplifiare; infatti:
|vu|=R1|i1|+RL|iL|=R2|i|+RL(1+R2R1)|i|=R1R2+RLR1+RLR2R1|i|≤Vsat
|i| ≤ R1R1R2+RLR1+RLR2Vsat
Nell'elettronica è spesso utile poter eseguire l'integrazione e la derivazione di un segnale rispetto al tempo: integrare un'onda quadra permette di ottenere un segnale triangolare, viceversa eseguendo la derivata di un onda triangolare si ritorna all'onda quadra. Infine derivando un'onda quadra si ottiene una sequenza di impulsi, positivi e negativi, in corrispondenza dei fronti di salita e di discesa. Questo concetto è illustrato in Figura 28.
L'integratore non limitato è presentato in Figura 29.
La corrente, a causa del corto circuito virtuale, dipende dalla tensione di ingresso e dalla sola resistenza R:
i(t) = v1(t)R
A causa del fatto che i morsetti di ingresso dell'operazionale non assorbono corrente, la corrente che percorre R percorrerà anche C.
Usando l'impedenza generalizzata del condensatore
Vu(s)=-I(s)sC=-V1(s)sRC
La funzione di trasferimento dell'integratore non limitato risulta dunque:
G(s)=-1RCs
Antitrasformando il risultato ottenuto nel dominio di Laplace:
vu(t)=
-1RC
t
∫
0
v1(t) dt
da questa formula si evince che l'uscita del circuito è proporzionale all'integrale della tensione in ingresso divisa per la costante di tempo (costante di integrazione) RC.
La risposta in frequenza, in modulo e fase della funzione di trasferimento, la si trova ponendo s=jω:
G(jω)=-1RCjω
e viene riportata nei diagrammi di Bode di Figura 30. Si deduce che il circuito integratore abbia un guadagno statico alle basse frequenze
(in corrente continua) infinito.
Alla semplicità concettuale di questo circuito si contrappongono alcuni problemi dell'operazionale reale: L'amplificatore reale ha correnti di polarizzazione (per farlo funzionare) molto basse ma non propriamente nulle, questo comporta che il condensatore sia percorso da tali correnti continue (cioè di pulsazione nulla) che seppur basse vengono integrate portando presto o tardi l'amplificatore in saturazione. Per tale ragione si preferisce la configurazione limitata presentata successivamente.
L'integratore limitato è presentato in Figura 31.
La corrente, a causa del corto circuito virtuale, dipende dalla tensione di ingresso e dalla sola resistenza R:
i(t) = v1(t)R
A causa del fatto che i morsetti di ingresso dell'operazionale non assorbono corrente, la corrente che percorre R percorrerà anche il parallelo di C ed RP.
Il parallelo di C e di RP risulta (utilizzando l'impedenza generalizzata di Laplace):
ZP=RPsCRP+1
Infine la tensione in uscita risulta:
Vu(s)=-RPI(s)sCRP+1=-RPV1(s)R(sCRP+1)
La funzione di trasferimento G(s) risulta quindi:
G(s)=-RPR(sCRP+1)
Questa risulta avere un "polo" p nel punto:
p=-1CRP
e quindi una pulsazione di taglio pari a:
ωT=1CRP
Facendo un'analisi in frequenza (ponendo s=jω)
G(jω)=-RPR(jωCRP+1)
Risultano i seguenti diagrammi di Bode per i moduli e le fasi:
Affinchè il circuito di Figura 31 si comporti come quello di Figura 29 (integratore non limitato) occorre che il diagramma dei moduli presenti una pendenza di -20 dB/decade e quello delle
fasi presenti un angolo di 90°. Questo risultato è possibile ottenerlo per pulsazioni superiori a 10 volte la pulsazione di taglio.
ω≥10CRP
Per le basse pulsazioni (pulsazioni minori di 0,1ωT) il circuito non ha più un guadagno infinito (come invece) l'integratore non limitato bensì pari a:
|G(jω)|=RPR
(NB: il guadagno è negativo... a questo risultato si può pervenire considerando alle basse frequenze-pulsazioni il condensatore come circuito aperto: in questo modo
si torna al circuito di base dell'amplificatore invertente).
Si è così ottenuto un circuito in grado di fornire, alle alte frequenze, un'uscita proporzionale all'integrale della tensione di ingresso... di contro alle basse frequenze non
integra più ma in compenso le correnti continue di polarizzazione non fanno saturare l'operazionale.
Di seguito viene descritto il funzionamento dei circuiti derivatori nella configurazione "non limitata" e "limitata". Si premette che, riprendendo i concetti
della Trasformata di Laplace, l'ammettenza generalizzata (cioè nel dominio "s" di Laplace) di un condensatore inizialmente scarico risulta pari a:
YC=sC
dove "s" è l'operatore complesso del dominio di Laplace mentre C è la capacità del condensatore.
Dall'altro canto, nel dominio di Laplace, eseguire l'operazione matematica di derivata sulla funzione che nel dominio del tempo
ha l'espressione v(t)e con condizioni iniziali nulle
equivale a moltiplicare per "s" la trasformata V(s) di v(t):
ℒ
d v(t)
d t
=sV(s)
Da queste osservazioni risulta intuitivo come il condensatore
ben si presti all'operazione di derivazione.
Il derivatore non limitato è presentato in Figura 33.
La trasformata della corrente, a causa del corto circuito virtuale, dipende dalla tensione di ingresso e dall'ammettenza capacitiva sC:
I(s) = sC V1(s)
A causa del fatto che i morsetti di ingresso dell'operazionale non assorbono corrente, la corrente che percorre C percorrerà anche R.
Di conseguenza la trasformata di Laplace della tensione di uscita risulta
Vu(s)=-I(s)R=-sCR V1(s)
La funzione di trasferimento dell'integratore non limitato risulta dunque:
G(s)=-sCR
questa risulta avere uno "zero" nell'origine esattamente come la trasformata della derivata.
Antitrasformando il risultato ottenuto nel dominio di Laplace:
vu(t)= -RC
dv1(t)dt
da questa formula si evince che l'uscita del circuito è proporzionale alla derivata della tensione in ingresso moltiplicata per la costante di tempo RC.
La risposta in frequenza, in modulo e fase della funzione di trasferimento, la si trova ponendo s=jω:
G(jω)=-RCjω
e viene riportata nei diagrammi di Bode di Figura 34. Si deduce che il circuito derivatore abbia un guadagno alle alte frequenze
infinito.
Alla semplicità concettuale di questo circuito si contrappongono un problema: Un segnale ad alta frequenza, come ad esempio un disturbo che si sovrappone al segnale utile, porterebbe presto l'amplificatore in saturazione (il guadagno alle alte frequenze è elevatissimo). Per ovviare a questo inconveniente si adotta la configurazione del "derivatore limitato" presentata di seguito.
Il derivatore limitato è presentato in Figura 35.
La corrente in ingresso, a causa del corto circuito virtuale, dipende dalla tensione di ingresso e dalla serie della resistenza RS con il condensatore C: quindi nel dominio di Laplace
la trasformata della corrente risulta
I(s) = RSCsV1(s)RSCs+1
A causa del fatto che i morsetti di ingresso dell'operazionale non assorbono corrente, la corrente che percorre la serie della resistenza RS e C si dirige interamente verso R.
La tensione in uscita risulta quindi:
Vu(s)=-RI(s)=-RCsV1(s)sCRS+1
La funzione di trasferimento G(s) risulta quindi:
G(s)=-RCssCRS+1
Questa risulta avere uno zero nell'origine (come il derivatore non limitato) e anche un "polo" p nel punto:
p=-1CRS
e quindi una pulsazione di taglio pari a:
ωT=1CRS
Facendo un'analisi in frequenza (ponendo s=jω)
G((jω)=-RCjωjωCRS+1
Risultano i seguenti diagrammi di Bode per i moduli e le fasi:
Affinchè il circuito di Figura 35 si comporti come quello di Figura 33 (derivatore non limitato) occorre che il diagramma dei moduli presenti una pendenza di +20 dB/decade e quello delle
fasi presenti un angolo di -90°. Questo risultato è possibile ottenerlo per pulsazioni inferiori a un decimo della pulsazione di taglio.
ω≤0,1CRS
Per le alte pulsazioni (pulsazioni maggiori di 10ωT) il circuito non ha più un guadagno infinito come invece il derivatore non limitato bensì pari a:
|G(jω)|=RRS
(NB: il guadagno è negativo... a questo risultato si può pervenire considerando alle alte frequenze-pulsazioni il condensatore come corto circuito: in questo modo
si torna al circuito di base dell'amplificatore invertente).
Si è così ottenuto un circuito in grado di fornire, alle basse frequenze, un'uscita proporzionale alla derivata della tensione di ingresso... di contro alle alte frequenze non
deriva più ma in compenso i disturbi non fanno saturare più l'operazionale.
Come già detto all'inizio della trattazione sull'amplificatore operazionale, i parametri ideali sono una resistenza di ingresso infinita (e quindi correnti
agli ingressi invertenti e non invertenti nulle), un guadagno di modo differenziale infinito mentre un guadagno di modo comune nullo (e quindi un CMRR infinito),
una banda passante infinita e infine una resistenza
di uscita nulla. Tuttavia riportiamo di seguito i parametri di amplificatori operazionali reali:
parametro | Ideale | μA741 | LF157 |
---|---|---|---|
Avd | infinito | 2x105 | 2x105 |
CMRR | infinito | 70 dB (min) | 85 dB (min) |
Rin | infinita | 2 MΩ | 1012 Ω |
Ru | nulla | 75 Ω | 0,1-10 Ω |
Banda passante | infinita | 1 MHz | 20 MHz |
Le correnti agli ingressi invertenti e non invertenti sono teoricamente nulle a causa della resistenza di ingresso infinita dell'amplificatore
operazionale ideale. Tuttavia queste correnti, seppur piccole, sono presenti e possono dare luogo ad
errori. In particolare definiamo "correnti di bias" (polarizzazione) le correnti agli ingressi
quando (ad anello aperto) la tensione a entrambi gli ingressi è nulla.
Queste al morsetto invertente sono chiamate IB- mentre al morsetto non invertente vengono chiamata IB+.
La media delle due correnti di bias viene chiamata corrente di polarizzazione di ingresso IB:
IB=IB++IB-2
I costruttori specificano il valore massimo delle correnti di bias che sono nell'ordine dei 500 nA per AMPOP a BJT e di 50 pA per AMPOP a FET.
L'effetto di queste correnti può essere mitigato. Se ad esempio consideriamo la configurazione invertente dell'operazionale e ipotizzando le due correnti di polarizzazione:
IB+=IB-
L'effetto di queste correnti sull'uscita si può trovare per sovrapposizione degli effetti:
spento il segnale di ingresso, IB+ non dà luogo a uscite significative mentre IB- genera
un'uscita pari a
v'u=R2IB-
Introducendo una resistenza R3 e ipotizzando che IB+=IB-
v''u=-R3IB+(1+R2R1)
affinchè le tensioni di bias prodotte dalle correnti IB- e IB+ supposte uguali si compensino deve risultare
v'u=-v''u → R3(1+R2R1)=R2
quindi in definitiva
R3=R1//R2
tuttavia è ben difficile che le correnti di bias ai due morsetti siano uguali e si introduce quindi la corrente di offset IOS definita come il valore assoluto della
differenza delle due correnti di bias:
IOS = |IB+-IB-|
Se infatti le due correnti non sono uguali l'uscita sarebbe:
v'''u=R2IB--R1R2R1+R2(1+R2R1)IB+=R2IOS
da questa si deduce che per mitigare l'effetto delle correnti di polarizzazione si deve ridurre R2 e quindi anche il guadagno dell'amplificatore.
Ci si aspetta che, applicando un ingresso nullo ad un AMPOP, anche l'uscita sia nulla. Tuttavia, a causa delle asimmetrie interne all'operazionale a un ingresso nullo non corrispone un'uscita nulla. È come se sia presente un generatore di tensione posto in serie a uno dei due ingressi. Tale tensione viene detta tensione di offset all'ingresso o brevemente VOS e a causa del guadagno dell'amplificatore questa piccola tensione potrebbe comunque portare in saturazione l'operazionale. Per compensarla i costruttori aggiungono dei morsetti (nel μA741 i morsetti 1 e 5) in cui inserire appositamente un potenziometro da regolare fintantoché a un ingresso differenziale nullo non corrisponda un'uscita nulla.
Infine è opportuno annullare l'offset solo dopo che si sono compensate le correnti di polarizzazione.
Ipotizzando un segnale di ingresso differenziale ad "onda quadra" che mandi l'uscita da -VSAT a +VSAT, è impensabile che, a causa dei ritardi della risposta dell'operazionale, i fronti di salita e di discesa siano perfettamente verticali. I fronti del segnale di uscita cresceranno o decresceranno con una legge lineare rispetto al tempo come mostrato in Figura 39.
La pendenza dei fronti di uscita si definisce slew rate SR e si misura in V/μs e tanto più è grande tanto più l'uscita si assomiglierà ad un onda quadra perfetta.
SR = ΔVuΔt
Nel μA741 il valore tipico della SR è di 0,5 V/μs.
Qualora si applicasse un segnale sinusoidale in ingresso si genera un'uscita
vu=VMAXsin(2πft)
questa ha la massima variazione (ponendo la derivata uguale a 0) pari a
ΔVu = 2πf VMAX
Ne consegue che la slew rate deve essere maggiore di:
SR ≥ 2πf VMAX
Si definisce Banda passante l'intervallo di frequenze tra fmin e fmax in cui il guadagno dell'AMPOP
ad anello aperto rimane al di sopra di -3 dB dal guadagno massimo. Essendo
inoltre la frequenza minima in grado di essere amplificata da un operazionale pari a 0 Hz ne risulta che la banda passante è proprio pari a fmax.
Si definisce inoltre frequenza di transizione la frequenza in cui il guadagno dell'operazionale ad anello aperto diviene unitario.
Si può dimostrare che in questi amplificatori il prodotto tra guadagno (non in dB!) e banda rimanga costante. Tale parametro viene definito prodotto guadagno-banda o GBP.
Tale prodotto coincide con la frequenza di transizione. Questo significa che se si applica una rete di retroazione in grado di fare calare il guadagno dell'amplificatore
(come in praticamente tutte le applicazioni lineari) la banda passante dell'amplificatore aumenta. Ad esempio lo stesso AMPOP che reazionato ha un guadagno di
100 e una banda di 10 kHz se il suo guadagno viene portato a 10 la sua banda viene aumentata fino a 100 kHz. Questi concetti sono mostrati in Figura 40.
Se occorre una banda e un guadagno tra loro incompatibili si è costretti a usare più stadi di amplificatori operazionali ciascuno che rispetti il GBP ma che complessivamente aumentino il guadagno (il guadagno totale è il prodotto dei guadagni) senza limitare ulteriormente la banda complessiva.
Internamente agli amplificatori operazionali si può trovare integrata una capacità che, sfruttando le proprietà del "polo dominante" oggetto di studio di "Sistemi Automatici", stabilizza il circuito. Questo però comporta una risposta in frequenza limitata con una fmax non elevata. Se invece occorre una fmax più alta i costruttori di operazionali (tipo del circuito LM301A) rendono possibile due strategie:
Nella compensazione a polo singolo al diminuire di C1 il prodotto guadagno-banda (GBP) aumenta.
Nella compensazione feed-forward il condensatore C1 separa invece le componenti a bassa frequenza del segnale da quelle ad alta frequenza. Queste ultime attraverseranno
un numero di stadi inferiori rispetto a quelle a bassa frequenza aumentando così la banda (e si possono usare capacità più elevate rispetto alla compensazione a polo singolo). Nella compensazione
feed-forward il condensatore C2 serve per limitare il guadagno alle alte frequenze.
In Figura 42 viene presentato il confronto tra i vari tipi di compensazione.
Nei circuiti visti in precedenza l'alimentazione, spesso sottointesa, per fare funzionare l'operazionale era duale cioè doveva essere fornita una tensione positiva e una negativa (ad esempio ±12 V). Tuttavia in alcune applicazioni, tipicamente mobili, non è possibile disporre di due tensioni opposte e l'amplificatore operazionale sarà così alimentato da un'alimentazione singola cioè tra Vcc e una massa. Questo però presenta dei problemi: se infatti si vuole amplificare una tensione alternata la semionda di uscita negativa non sarà prodotto. Per ovviare a questi inconvenienti si possono usare più strategie:
Il principio di funzionamento si basa sull'accppiamento capacitivo degli stadi amplificatori: una componente alternata passa attraverso i condensatori mentre una componente continua viene bloccata. Alimentando un operazionale tra 0 e Vcc (ad esempio 12 V) è possibile ottenere uscite che vanno da 0 a 10 V (a causa della saturazione) come mostrato in Figura 43A. Se nello stadio amplificatore si introduce un offset (attraverso una somma) che aggiunga un segnale continuo e pari a +0,5Vcc anche il semiperiodo che era negativo della componente dell'uscita alternata può essere amplificata Figura 43B. Infine attraverso uno stadio capacitivo di uscita si può così prelevare la sola componente alternata dell'output Figura 43C.
Per ottenere questo l'operazionale è configurato con uno stadio sommatore (o differenziale) che aggiunga appunto +0,5Vcc. In Figura 44A abbiamo un esempio di configurazione invertente e in Figura 44B abbiamo una configurazione non invertente.
Il difetto della soluzione qui presentata è che a causa dei condensatori di accoppiamento non è possibile amplificare la componente continua di un segnale come illustrato nel diagramma di Bode di Figura 45. Inoltre più stadi necessiterebbero ciascuno dei suoi condensatori di accoppiamento.
Si sa che in elettronica vige una differenza tra il concetto di "terra" e il concetto di "massa". Mentre la "terra" rappresenta il riferimento di tensione assoluto, la massa è il riferimento di tensione relativo a un circuito. Quindi possono esistere più riferimenti di tensione. Ora se supponiamo di disporre di una Vcc riferita alla sua massa, nulla vieta di ripartirla con un partitore in due parti uguali e fissarne il punto centrale alla terra. Le tensioni così ottenute sono duali rispetto alla terra e possono alimentare quindi un operazionale Figura 46A.
Un segnale alternato necessiterà quindi di un condensatore di ingresso prima dello stadio di ingresso e un condensatore dopo lo stadio di uscita (Figura 46B). Ovviamente le tensioni ottenute si riferiscono tutte al punto di terra (punto centrale del partitore) mentre se riferite rispetto alla massa della batteria risultano traslate positivamente di 0,5 Vcc.
Si vuole di seguito dimostrare il funzionamento degli operazionali partendo dall'algebra dei blocchi. Questo viene fatto per la configurazione non invertente ed
invertente. Infatti sappiamo che il guadagno di un sistema retroazionato come in Figura 47 risulta:
Af = G1+GH
e se G tende all'infinito come per l'AMPOP allora
G → ∞
Af → 1H
Ora occorre sapere come trasformare il circuito in uno schema a blocchi.
Ipotizziamo l'operazionale con una resistenza di ingresso infinita. Il circuito di Figura 48A può essere trasformato nello schema di Figura 48B.
Il nodo sottrattore è rappresentato dai morsetti di ingresso dell'operazionale (positivo e negativo).
Il blocco "G" è rappresentato dal guadagno dell'operazionale Avd;
per trovare il blocco "H" ci si deve chiedere: "che guadagno c'è tra l'uscita e l'ingresso invertente?". Si nota dunque che la vu viene riportata all'ingresso
invertente mediante un partitore costituito da R1 ed R2 quindi:
H = R1R1+R2
Essendo il guadagno Avd elevatissimo possiamo usare la formula:
Af → 1H=1+R2R1
esattamente il risultato che ci attendevamo.
Ipotizziamo l'operazionale con una resistenza di ingresso infinita.
Il nodo sottrattore è più complesso da intuire perchè il morsetto positivo è sempre a massa
mentre in quello negativo perviene sia la tensione di ingresso che quella di uscita secondo il teorema di Millman:
v- = vs/R1+vu/R21/R1+1/R2
rielaborando la precedente equazione:
v- = vsR2+vuR1R1+R2
che, separando gli addendi, diviene:
v- = R2vsR1+R2+R2vuR1+R2 = R2vsR1+R2--R2vuR1+R2
Da cui si evince che Il circuito di Figura 49A può essere trasformato nello schema a blocchi di Figura 49B: