In questa pagina si affronterà il transistor BJT (bipolar junction transistor) a partire dal principio di funzionamento, per poi passare al
funzionamento da "interruttore" e fino ad arrivare alla polarizzazione del componente come amplificatore.
Il termine "transistor" è l'unione di due termini "TRANSconductance" e "resISTOR" ed è un dispositivo di regolazione della tensione e della corrente
alla sua uscita (in pratica un generatore pilotato). Questo è alla base dei circuiti amplificatori: circuiti che hanno in uscita
la tensione di ingresso moltiplicata per un fattore.
L'invenzione del transistor BJT risale a fine anni '40 inizio anni '50 del XX secolo ed
è attribuita a Shockley che guidava il team di fisici della Bell Laboratories tra cui Walter Brattain e John Bardeen
(anche se come tutte le invenzioni è frutto di un ambiente di competizione-collaborazione tra scienziati diversi). Presto il BJT
si dimostrò vincente rispetto alle valvole termoioniche nella regolazione della tensione e le soppiantò, per via del suo basso consumo, delle dimensioni più piccole e della possibilità di essere costruito
su un circuito integrato.
I BJT (bipolar junction transistor) sono dispositivi a 3 terminali ("tripoli"). Ogni terminale, chiamati rispettivamente terminale di "emettitore" E, di "base" B e di "collettore" C, è collegato a una zona semiconduttiva opportunamente drogata: il drogaggio può essere PNP (emettitore e collettore drogati P, base drogata N) oppure NPN (emettitore e collettore drogati N, base drogata P). Simboli e modelli semplificati "planari" sono riportati in Figura 2.
Si riconosce una doppia giunzione: prendendo ad esempio il transistor PNP, la prima giunzione (tra emettitore e base) è una giunzione PN, la seconda giunzione (tra base e collettore) è una giunzione NP. Noto il funzionamento del diodo, si può ora passare a studiare il funzionamento del BJT. Nello studio si prende in esame il transistor PNP perchè il verso delle lacune coincide con quello della corrente. Una volta ottenuto il circuito di polarizzazione, invertendo tutti i segni, si prenderà in esame il transistor NPN che trova più applicazioni.
Prendiamo un BJT PNP e alimentiamo separatamente la coppia di terminali EB con una tensione VEB positiva e poi la giunzione BC con una tensione VCB negativa. La giunzione EB è un diodo polarizzato direttamente e quindi conduce Figura 3A e la corrente esce dalla base; la giunzione CB è sempre un diodo ma polarizzato in inversa quindi non conduce e nessuna corrente (o meglio: c'è solo la piccolissima corrente inversa di saturazione) esce dal collettore Figura 3B.
Se però le due tensioni sono applicate contemporaneamente si nota che dal collettore C esca una notevole corrente, e dal terminale B praticamente
esca una corrente trascurabile. Per la precisione
IC=αIE+ICB0
con ad esempio α=0,99
ossia il 99% della corrente che entra nell'emettitore esce dal collettore e solo l'1% esce dalla base,
come mostrato in Figura 4. Questo è dovuto al fatto che la base è sottile e poco drogata rispetto all'emettitore e questi due fattori
fanno sì che poche lacune iniettate dall'emettitore nella base si ricombinino con gli elettroni presenti nella base stessa.
Le lacune "preferiscono" diffondersi attraverso la
base per raggiungere il collettore dove trovano una polarizzazione favorevole (ci sono ioni negativi dal lato collettore della giunzione BC
dovuti alla polarizzazione inversa di tale giunzione).
Facendo i dovuti passaggi matematici
IC=αIE+ICB0
per la legge di Kirchhoff ai nodi:
IE=IC+IB
IC=αIC+αIB+ICB0
(1-α)IC=αIB+ICB0
IC=α1-αIB+ICB01-α
chiamando β il termine
β=α1-α
IC=βIB+(β+1)ICB0
Introducendo il guadagno statico di corrente ad emettitore comune hFE (Forward Emitter) la precedente equazione diviene
IC=hFEIB
Essendo piccolo ICB0 si può approssimare
β ≈ hFE
Le equazioni qui presentate ci mostrano che ci sia una proporzionalità diretta tra la corrente di collettore e quella di base attraverso un fattore
hFE il quale (ipotizzando α≈0,99) varrebbe 99: la corrente di collettore è quasi 100 volte la corrente
della base!
Da qui si desume che basta una piccola corrente di base (piccola ma pur sempre ci deve essere!) dovuta alla polarizzazione diretta della giunzione EB per
avere una grande corrente di collettore proporzionale alla corrente di base. Una piccola corrente di base controlla un'alta corrente di collettore.
Tale funzionamento viene detto in "zona attiva" del transistor e si ottiene polarizzando
D'ora in poi useremo il transistor NPN ma le stesse conclusioni varranno anche per i PNP... stando attenti ovviamente ai versi delle correnti e delle tensioni invertiti! Tra i vari tipi di collegamento si studierà il collegamento ad "emettitore comune": cioè l'emettitore sarà il riferimento del segnale sia di ingresso che di uscita.
In un circuito contenente un transistor (Figura 6) sono distinguibili due "maglie": la prima è detta maglia di ingresso e contiene il terminale di base e il terminanale emettitore, la seconda è detta maglia di uscita e contiene il collettore e l'emettitore (saltando la base). Essendo l'emettitore comune sia alla maglia di ingresso che a quella di uscita, tale circuito è detto ad "emettitore comune".
La caratteristica di ingresso del BJT NPN ad emettitore comune è il legame tra la corrente di base IB e la tensione VBE mantenendo costante la VCE (tensione tra collettore ed emettitore): sostanzialmente è la caratteristica di un diodo (la giunzione base-emettitore è innanzitutto una giunzione PN!). Tale diodo non conduce per valori di VBE inferiori alla tensione di soglia (qui detta Vγ) ad esempio 0,6 V. Per "accendere" un transistor, e consentire quindi almeno una semplice conduzione di corrente tra collettore ed emettitore che può avvenire solo c'è corrente in base, occorre quindi che VBE>Vγ. Per questo motivo Vγ in alcuni testi è detta VBEon. La caratteristica di ingresso è mostrata in Figura 7.
La caratteristica di uscita ideale di un BJT NPN ad emettitore comune mette in relazione la corrente di uscita IC con la tensione VCE
tra collettore ed emettitore.
Innanzitutto per avere corrente sul collettore ci deve essere corrente in base e quindi
VBE>Vγ;
se così non fosse il transistor si dice in interdizione.
L'andamento della curva caratteristica dipende da come sono polarizzate le giunzioni:
VCB=VCE-VBE
Per essere in zona attiva (giunzione BE diretta e CB inversa)
VCB>0
In tale regione c'è proporzionalità tra corrente di base e corrente di collettore:
IC=hFEIB
supponendo ad esempio
hFE=100
La corrente di collettore è 100 volte la corrente di base.
Calando ulteriormente la VCE a causa della relazione
VCB=VCE-VBE
anche la giunzione CB si polarizza direttamente e il BJT si comporta come due diodi in anti-serie: in pratica come un interruttore chiuso e
questo avviene per valori di VCE minori di un certo valore di "saturazione" detto VCEsat (tale
valore dipende dal transistor e assume valori del "decimo di Volt" 0,1 V - 0,2V). In corrispondenza di questi valori
la caratteristica di uscita è una retta verticale. Per riassumere, fissata una corrente di base, la caratteristica ideale di un transistor è
Per quanto riguarda la caratteristica di uscita reale si deve tenere conto di un raccordo tra la saturazione e la zona attiva e la famiglia di caratteristiche di uscita divengono quelle di Figura 9. Inoltre, in zona attiva, le pendenze delle curve non sono nulle ma c'è una lieve (e per certi versi trascurabile) inclinazione verso l'alto dovuto a un fenomeno detto effetto Early che sarà spiegato pù avanti.
Dalla Figura 9 si nota che non tutta la zona attiva è lineare, per essere in zona lineare oltre che ad essere in zona attiva si deve essere lontani da VCEsat. Per ottenere questo, nella pratica si fa in modo che VCE ≈ 0,5VCC.
Osservando la famiglia di caratteristiche di uscita del BJT si nota che le curve in zona lineare sono leggermente inclinate (e non piatte) e non sono perfettamente
parallele tra di loro: questo è dovuto al fatto che, a parità di VBE, quanto più aumenta la VCE più aumenta la VCB
e quindi la zona di svuotamento dai portatori di carica tra la base e il collettore (si ricorda che in zona attiva la giunzione CB è inversa!). Di fatto
si ha quindi una riduzione effettiva della "base" del BJT e quindi un aumento dei portatori che, provenienti dal collettore, si dirigono, senza ricombinarsi in base,
verso l'emettitore (in pratica aumenta la corrente di collettore a scapito di quella di base). Prolungando tutte le zone lineari della famiglia del transistor (Figura 10), si nota come queste si uniscano tutte nella tensione negativa -VA.
VA è detta appunto "tensione di Early" (che coincide con l'intersezione di tutte le famiglie con l'asse delle ascisse) e ha valori tra 10V e 200V.
Per trovare il punto di lavoro di un BJT si deve intersecare la caratteristica di ingresso con la retta di carico di ingresso (in riferimento al circuito di Figura 6 tale retta passa a vuoto per IB=0 e VBE=VBB mentre in corto circuito passa per VBE=0 e IB=VBB/RB). Nel punto di intersezione si trova quindi la corrente di base IB e la relativa VBE. Si va quindi sulla famiglia di caratteristiche di uscita e si seleziona tra le tante curve quella corrispondente alla IB trovata nel passaggio precedente. A questo punto si inteseca la caratteristica di uscita selezionale con la retta di carico di uscita (in riferimento al circuito di Figura 6 tale retta passa a vuoto per IC=0 e VCE=VCC mentre in corto circuito passa per VCE=0 e IC=VCC/RC). Il procedimento è illustrato in Figura 11.
A seconda dell'intersezione con la caratteristica di ingresso il transistor può essere acceso o interdetto (se il punto di lavoro si colloca a destra di Vγ il transistor è acceso). Andando sulla caratteristica di uscita, esaminando l'intersezione con la retta di carico della maglia di uscita, si scopre infine se il transistor è in saturazione o in regione lineare.
Tra i tanti punti di lavoro di un BJT, risultano particolarmente importanti, soprattutto nell'elettronica digitale, quelli del funzionamento da interruttore.
Per ottenere un interruttore aperto tra collettore ed emettitore, nella maglia di ingresso si deve spegnere il transistor: e questo deve essere ottenuto lavorando nella maglia
di ingresso con una
VBE<Vγ.
Questo può essere ottenuto o spegnendo la VBB o (più raramente) aumentando la resistenza di base RB.
Viceversa, per ottenere un interruttore chiuso tra collettore ed emettitore, si deve far lavorare il BJT in saturazione e questo può essere ottenuto o aumentando la corrente di base (o diminuendo la RB o aumentando la VBB) oppure aumentando la resistenza di collettore RC.
Analiticamente per portare il transistor in interdizione serve annullare la corrente di base, per portarlo in saturazione si deve dimensionare il circuito
della maglia di uscita:
ICsat=VCC-VCEsatRC
con VCEsat pari circa a 0,1 V.
Trovata la ICsat si trova la corrispondente IBsat necessaria per saturare il transistor:
IBsat=ICsathFE
meglio ancora se (a vantaggio della sicurezza di essere effettivamente in saturazione) si deve fornire una IB superiore alla IBsat
almeno del 20% e usare il valore minimo di hFE presente nel datasheet del BJT:
IB>1,2ICsathFEmin
Spesso i costruttori danno il corrispondente valore di VBEsat per far saturare il transistor (superiore alla Vγ ad esempio VBEsat=0,8 V).
In questo caso si può dimensionare la resistenza RB necessaria per far saturare il BJT.
RB=VBB-VBEsatIBsat
Riassumendo:
a una tensione bassa di ingresso alla base corrisponde una tensione di uscita alta (il transistor si comporta come un interruttore aperto), a una tensione
di ingresso alla base sufficientemente alta corrisponde una tensione di uscita bassa (il transistor si comporta come un cortocircuito). Questa è nella pratica la realizzazione della porta logica NOT.
Ciò è chiarto in Figura 13.
Al termine della trattazione del transistor come interruttore facciamo riferimento ai tempi di commutazione. Infatti un interruttore ideale commuta non appena la tensione di ingresso passa da basso ad alto livello e viceversa in un tempo nullo... un transistor invece ha bisogno di alcuni tempi "fisiologici" dovuti alle "capacità parassite" e a fenomeni di accumulo di carica nelle giunzioni. Queste tempistiche sono mostrate in Figura 14.
In particolare si evidenziano i tempi nella commutazione da OFF ad ON dell'ingresso (chiamati globalmente tON tempo di commutazione diretta):
La potenza dissipata PD da un BJT è somma di più contributi. Il primo contributo
è dato dall'effetto Joule dovuto alla corrente di base, ma, essendo questo termine piccolo, può
essere trascurato. Il secondo contributo è dato dal prodotto di I*C per V*CE
(ipotizzando I*C≈I*E) indicando con * i valori di polarizzazione dei suddetti termini.
PD= V*CE·I*C
Affinchè il BJT lavori correttamente e non si incrementi troppo la temperatura TJ della giunzione, questa potenza deve essere smaltita all'esterno:
θJAPD=(TJ-TA)
dove θJA è la resistenza termica per la trasmissione del calore tra giunzione e ambiente e TA
è la temperatura ambiente. La potenza dissipata massima deve essere:
PDmax ≤ (TJmax-TA)θJA.
Si evince che per migliorare la trasmissione del calore e poter
supportare potenze superiori si debba abbassare θJA ricorrendo
anche a "dissipatori" (elementi tipicamnte metallici in grado di migliorare lo smaltimento del calore
aumentando la superficie di smaltimento e sfruttando anche i moti convettivi dell'aria attraverso "alette").
In Figura 16 viene mostrata l'iperbole V*CE·I*C che dà luogo
alla massima potenza dissipabile (al di sotto di tale iperbole si trova la "safe operating area" SOA
ossia la zona di funzionamento sicuro del BJT).
Nel funzionamento da interruttore (ON-OFF), essendo in ON la VCEsat molto bassa, anche la potenza dissipata è relativamente piccola, così come la IC nello stato OFF è nulla (per la legge di Joule la potenza è il prodotto tra tensione e corrente: se una delle due è nulla, sarà nullo anche il prodotto). Da questo si desume che un BJT che funziona come interruttore dissipa solo quando commuta da ON ad OFF e viceversa(infatti nella commutazione ON-OFF la corrente IC deve calare così come la VCE deve aumentare in un tempo "non nullo" così come da OFF ad ON la corrente IC deve aumentare così come la VCE deve calare) ma non dissipa potenza una volta terminata l'apertura o la chiusura.
Per polarizzare nella zona di lavoro desiderata un BJT si potrebbe ricorrere al circuito di Figura 6 tuttavia questo presenta il problema della necessità di disporre di una doppia alimentazione: una per la maglia di ingresso ed una per la maglia di uscita. È possibile ovviare a ciò ricorrendo al circuito di Figura 17 detto circuito di polarizzazione fissa del BJT ad emettitore comune con resistenza di base o semplicemente circuito di polarizzazione fissa della base. Si deve dimensionare opportunamente RB ed RC a partire da VCC (tensione di alimentazione comune ad entrambe le maglie) I*C ed V*CE (valori della corrente di collettore e della tensione tra collettore ed emettitore desiderati).
Se ad esempio in un circuito con VCC=10V si vuole polarizzare un BJT del tipo 2N2222 con una V*CE pari a 5 V e I*C=10mA
(sapendo che hFE vale 100 e V*BE=0,7V) le resistenze RC ed RB saranno ottenute così:
I*B=I*ChFE=10mA100=100μA;
RB=VCC-V*BEI*B=10V-0,7V100μA=93 kΩ
per trovare RC:
RC=VCC-V*CEI*C=10V-5V10mA=500 Ω
Tuttavia la semplicità di questo circuito non previene i fenomeni di instabilità insiti nel BJT quali:
Infatti applicando la legge di Kirchhoff alla maglia di ingresso:
VCC = RBI*B+V*BE+REI*E ≈ RBI*B+V*BE+REI*C
I*B = VCC-V*BE-REI*CRB
da cui si evince che un eventuale aumento di hFE porterebbe sì ad un aumento della corrente di collettore ma grazie alla RE
cala la corrente di base I*B (RE effettua una retroazione negativa: tipicamente la caduta VE su RE è il 10% di VCC) e quindi il prodotto
I*C=hFEI*B
rimane invariato.
Se ad esempio in un circuito con VCC=10V si vuole polarizzare un BJT del tipo 2N2222 con una V*CE pari a 5 V e I*C=10mA
(sapendo che hFE vale 100 e V*BE=0,7V e ponendo VE=1V cioè al 10% di VCC ) le resistenze RC ed RB saranno ottenute così:
I*B=I*ChFE=10mA100=100μA;
RB=VCC-VE-V*BEI*B=10V-1V-0,7V100μA=83 kΩ
RE=VEI*E≈VEI*C=1V10 mA=100 Ω
per trovare RC ipotizzando, come buona norma, di polarizzare il BJT al centro della regione attiva e tenendo conto di VE per cui V*CE=0,5(VCC-VE):
RC=VCC-V*CE-VEI*C=0,5(VCC-VE)I*C=0,45VCCI*C=0,45·10V10mA=450Ω
Per realizzare questa retroazione negativa efficacemente si deve fare in modo che RE sia sufficientemente grande in modo
da provocare una caduta considerevole (il 10% di VCC) e contemporanemente RB deve essere sufficientemente piccolo... ma dovendo
essere la corrente di base piccola RB non deve essere troppo piccola. Per conciliare queste esigenze (corrente di base piccola e caduta su RE
apprezzabile) si ricorre al circuito di Figura 19 detto circuito di polarizzazione automatica con partitore di base.
Facendo il circuito equivalente di Thevenin della maglia di ingresso tra la base B e la massa per ricondurci al circuito di Figura 20
e assumendo una caduta su RB pari al 10% di VE (per rendere considerevole la retroazione)
RB=0,1·VEI*B=1 kΩ
RB=R1R2R1+R2=1 kΩ
VBB=R2VCCR1+R2=VBE+VE+RBI*B=1,8 V
Risolvendo il sistema delle due equazioni con incognite R1 ed R2 con i precedenti dati si trova che
R1=5,6 kΩ
R2=1,2 kΩ